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Nel passato
anche recente del nostro paese, come del resto in quello di molte parti
del Sud, i redditi agrari costituivano ancora la principale fonte di
guadagno per le varie classi della popolazione. Ma la loro suddivisione
non veniva fatta esattamente secondo giustizia e impegno nella
valorizzazione dei campi tra i lavoratori della terra e i proprietari di
questa, per dirla senza ipocrisie fuori luogo ed eccessive ed
approfondite analisi socio-economiche.
L’accumulo delle ricchezze esclusivamente nei patrimoni della élite,
poco o molto che esse fossero, ebbe però a volte un risultato che nel
corso del tempo si è rilevato un insperato arricchimento sul piano
culturale-materiale per tutti, ricchi e poveri. Intendo dire che spesso
vennero a trovarsi nelle mani di alcuni redditieri illuminati i cospicui
mezzi per investire in opere d’arte e nell’architettura. Ora, anche
nella nostra Montecalvo qualcosa delle buonissime capacità artistiche
che fiorirono nel Meridione – escluse le egregie architetture dei
palazzi cadute sotto i colpi di maglio dei terremoti che ci vengono a
visitare con ciclo quasi trentennale, e definitivamente trasformatesi in
orribili ricostruzioni moderne, per l’insipienza di geometri, architetti
e pubblici amministratori – escluse queste, dicevo, vi sono
fortunatamente altre belle opere che attestano quali eccellenti prodotti
dell’arte statuaria e figurativa seppero assicurarsi per l’ornamento dei
loro palazzi alcuni montecalvesi appartenenti alla classe egemone.
Per stare sempre al nostro paese, vi è in una dimora privata un gruppo
statuario in marmo translucido raffigurante la dea Diana in corsa, con
un graziosissimo Eros bambino che le ballonzola sulle spalle. Anche la
dea è splendida, come si può constatare sia pure soltanto dalle nostre
fotografie. La figura della giovane donna è quasi a grandezza naturale
(tre quarti o quattro quinti, circa).
Il gruppo è opera di Fedele Caggiano, che ha lasciato incisa la sua
firma sul retro del piedistallo marmoreo con la dicitura Fedele Caggiano
F., in cui “F” sta per “Fecit”.
Fedele Caggiano (1804 – 1880) era uno scultore nato a Buonalbergo e
attivo a Napoli, dove aveva una bottega d’arte. Era un seguace della
scuola napoletana nata attorno al Gemito, ma che per l’ispirazione si
rifaceva al Canova, come tra l’altro attesta chiaramente questa sua
opera di Montecalvo.
Fedele Caggiano era padre di Emanuele, scultore anche lui, formatosi
molto probabilmente nella bottega napoletana del padre, e autore tra
l’altro della statua di Federico II, che si trova a Piazza Plebiscito,
davanti alla Reggia di Napoli.
Tra le opere di Fedele Caggiano ci sarebbe stata anche una Baccante.
Potrebbe essere la nostra Diana? Visto che in alcune notizie biografiche
sullo scultore non figura alcuna Diana? Nel gruppo statuario di
Montecalvo sono però scolpite ai piedi della giovane donna in corsa una
faretra e una freccia, emblemi incontrovertibili nel loro significato
della dea cacciatrice e delle sue ninfe. Io perciò propenderei o per
Diana stessa, rappresentata con fine ironia dal Caggiano come innamorata
(trasformando così profondamente ai nostri occhi la selvatica vergine
che sfuggiva gli uomini, secondo il mito), oppure per una ninfa o una
seguace della dea colpita dalle frecce di Eros (in quest’ultimo caso, si
tratterebbe di Callisto, figlia di Licaone, re dell’Arcadia, la quale fu
sedotta da Giove sotto l’aspetto proprio di Diana della quale lei era
una seguace – Ovidio dice che era “una soldatessa di Diana”)Ad ogni
modo, e ritenendo secondario l’esatta identificazione della giovane
donna, è notevole che Caggiano l’abbia rappresentata come vittima
consenziente del piccolo Eros, che lei sorregge teneramente mentre corre
tenendogli la manina. E il particolare costituito dalla mano della dea e
di quella del bambino è la cosa più bella del gruppo statuario poiché è
un vero merletto immateriale e leggerissimo slanciato verso l’alto,
nell’ondeggiare della corsa.
Ricordo di aver visto la statua di Diana per la prima volta da bambino,
a Montecalvo, in un palazzo del Piano, dove era collocata su un
piedistallo ligneo riccamente intagliato, proprio alla sommità di una
ripida scalinata che, partendosi dal loggiato della scala d’ingresso
d’onore, portava alla zona notte del palazzo. Alle spalle di Diana era
stato posto intelligentemente uno specchio a tutta parete che permetteva
di ammirarla con un solo colpo d’occhio nella sua splendida nudità sia
da tergo che davanti, mentre salendo ci si avvicinava ad essa rapiti
dalla sua bellezza e dall’apparente slancio della sua corsa.
Infine, dovuti e meritati ringraziamenti. Alla proprietaria della statua
che ha acconsentito gentilmente a che si pubblicasse questa
informazione, a Fernando Iorio, animatore culturale e presidente del
Gruppo teatrale di Buonalbergo (www.gruppoteatralediBuonalbergo.it) che
ci ha fornito i dati biografici e artistici riguardanti lo scultore suo
illustre compaesano, e a Francesco Cardinale, autore delle belle foto e
curatore del sito che ospita la nostra comunicazione.
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